Pianello di Cagli, 14 giugno 1888 – Ivi, 22 dicembre 1980
La sua formazione politica è influenzata dall’educazione “libertaria” della famiglia e dalla frequentazione del medico anarchico cagliese Ceccarini. Culturalmente è stato un autodidatta avendo frequentato la scuola solo fino alla seconda elementare. La sua ideologia aveva due punti di forza: la contestazione dei poteri costituiti e il pacifismo. Walchiria Terradura, che ha fatto parte della sua banda partigiana, lo descrive come un “Garibaldi che portava il verbo antifascista nelle case dei contadini” con un’oratoria costruita per apologhi, ma efficace e convincente. Un irregolare, idealista e generoso, che ha fatto scelte coraggiose. Il carattere ribelle lo spinge ad emigrare dal piccolo mondo povero e chiuso di Pianello e nel marzo 1905 raggiunge il Lussemburgo dove, a Esch-sur Alzette, lavora come minatore e nell’edilizia. Un’esperienza breve che si conclude dopo sei mesi con il ritorno a Pianello. Nel luglio 1907 emigra di nuovo, questa volta negli Usa. Il soggiorno americano è decisivo per la sua definitiva scelta politica. Si stabilisce nel distretto minerario di Mocanaqua, in Pennsylvania, diventando ben presto un leader dell’IWW, il combattivo sindacato dei minatori che ha un seguito importante fra gli immigrati. Per questa sua attività è sottoposto a indagine federale da parte dell’FBI che lo scheda come “Sam Panick” per verificarne la pericolosità sociale, misure che si accentuano con l’ingresso degli Usa nel conflitto mondiale e la Rivoluzione russa. Intanto ha messo su famiglia sposando Irene Catherine Barry, ma la situazione precipita con il caso Sacco e Vanzetti. “Sam” aderisce alla campagna di solidarietà per i due anarchici e un suo arresto, che nelle condizioni in cui avviene, provoca la morte del piccolo figlio che aveva chiamato Lenin, lo convinsero nel 1920 a rientrare a Pianello con la figlia Maddalena – la moglie lo raggiungerà, riluttante, un anno dopo – e seguendo la tradizione familiare, si dedica a una piccola attività commerciale come ambulante. Ma quello che ritrova non è il paese che aveva lasciato e anche gli amici e conoscenti di un tempo guardavano con diffidenza a tutti i Panichi considerati dei sovversivi. Lui non era certo cambiato e, malgrado le antipatie e gli avvertimenti dei fascisti, continua a diffondere le proprie idee fra i contadini che raggiungeva nei luoghi più impervi e isolati per la sua attività di commerciante. La fama di sovversivo, il rifiuto della tessera del PNF gli procurarono aggressioni e soprusi da parte del podestà di Cagli, il famigerato Gaetano Liberati, che danneggiarono le attività economiche della famiglia. Intanto, nel 1921 e 1924, erano nati altri due figli che chiamò Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Dopo l’8 settembre le minacce contro Panichi e la sua famiglia diventano più frequenti e pericolose perché era noto l’aiuto che veniva dato ai disertori, ai soldati alleati sbandati o evasi dai campi di concentramento e a numerosi internati slavi. Nella Memoria del Movimento Partigiano racconta che già nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre vennero organizzati i primi incontri per stabilire il da farsi, ma solo agli inizi del duro inverno 1943-44, la banda di Panichi diventa una realtà operativa in una vasta zona compresa tra Cagli, Cantiano, Chiaserna e la Serra del Burano con incursioni nei comuni umbri di Pietralunga e Gubbio, un’area dell’Appennino umbro-marchigiano dove era attiva un’altra banda, la “San Faustino” alla quale di fatto si aggregò quella autonoma di Panichi. Ben presto, però, emersero contrasti per il fatto che nella “San Faustino” erano confluiti diversi ufficiali dell’esercito di tendenze moderate provocando accuse, controverse, di attendismo e di simpatie badogliane. La polemica investiva anche la disponibilità e l’utilizzo delle armi e i rapporti privilegiati della “San Faustino” con gli Alleati. Nel marzo 1944 i contrasti divennero insanabili e la banda di Panichi, con il gruppo eugubino di Gustavo Terradura Vagnarelli, tra cui le figlie di quest’ultimo, Walchiria e Lionella, lasciarono la San Faustino per unirsi alla V Brigata Garibaldi “Pesaro” che agiva sull’opposto crinale appenninico, ma senza escludere la collaborazione durante i rastrellamenti e nelle operazioni più impegnative. L’attività della banda creò attorno a “Sam” un alone di mito. Gli obiettivi erano di procurarsi le armi, ostacolare con ogni mezzo la ritirata tedesca verso la linea Gotica e di distribuire alla popolazione il grano da portare all’ammasso. Nel corso del massiccio rastrellamento iniziato a fine maggio 1944, che coinvolse pericolosamente la V Brigata dalla Serra di Burano all’Alpe della Luna, il figlio ventenne di Panichi, Karl Liebknecht (“Lello”), fu catturato e ucciso il 4 giugno a Pian delle Capanne, nella zona dell’Alpe dove era stato inviato per avvertire i compagni del sopraggiungere del rastrellamento. E tuttavia, ricorda Walchiria Terradura, “seppe superare la sua disperazione di padre e portarci fuori dalla morsa in cui ci stringevano i nazisti, con decisioni rapide e intelligenti, che significarono certamente la salvezza per noi tutti”. Alla fine di giugno, quando si costituì il 5° Battaglione della Brigata, “Sam” ne divenne il commissario politico e un Distaccamento fu denominato “Panichi” in ricordo del figlio “Lello”. Dopo il passaggio del fronte a Pietralunga il 9 luglio e il disarmo della V Brigata, è accolto in un campo per profughi e sfollati tra Assisi e Santa Maria degli Angeli e rientrerà a Pianello solo alla fine di agosto. Nel dopoguerra Panichi e la sua famiglia risentirono pesantemente le conseguenze economiche provocate dalle angherie dei fascisti a cui si aggiunse, nel clima della guerra fredda, una vera e propria persecuzione giudiziaria per la gestione del Consorzio agrario di Cagli affidato a Panichi e alla figlia Rosa ingiustamente accusati di avere venduto sottobanco del grano alla Jugoslavia e assolti nel 1952 con formula piena in seguito alla revisione del processo. Un episodio doloroso e un’ombra su un’esistenza di onestà e sacrifici per gli ideali. Forse questo spiega l’emarginazione subìta da Panichi e l’oblio sul suo contributo alla Resistenza fino alla riscoperta del partigiano “Sam” in tempi relativamente recenti.
Fonti: ISCOP, FGM, S. Panichi, Relazione del Battaglione “Carlo Liebknecht”, 1-27-b.6-fasc.12-21; Id., Memoria del movimento partigiano, Ibid., fasc.12-22.
Bibl.: É morto il compagno Samuele Panichi, in “l’Unità” (Marche), 24 dicembre 1980, p.12; G. Virgili, La strada per Pietralunga. Presupposti e aspetti della Resistenza nel Cagliese e nell’Eugubino, EdEN, Perugia 2002, pp.48-60; M. Milli – I. Ottaviani, Un uomo libero. Biografia di Samuele Panichi, affinità elettive, Ancona 2015; A. Tacchini, Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere (1943-1944), Petruzzi Editore, Città di Castello 2015, pp, 61-63; G. Pellegrini, La Resistenza nella parte settentrionale dell’Appennino umbro-marchigiano, in C. Donati-T. Rossi (a cura di), Guerra e Resistenza sull’Appennino umbro-marchigiano. Problematiche e casi di studio, Atti del Convegno, Pietralunga-Fabriano, 14-15 maggio 2015, Editoriale Umbra, Foligno 2017, pp.74-91.
(E. T.)
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