Arcevia
Subito dopo l’8 settembre si formano i primi gruppi partigiani e si costituisce il Cln, presieduto da Mario Zingaretti, noto antifascista e perseguitato politico, originario di Arcevia e sfollato in quel periodo da Ancona. Le prime azione sono fatte per recuperare armi, organizzare lo sfollamento e cercare sistemazioni per gli internati fuggiti dai campi di prigionia. Il 24 settembre Attilio Avenanti, antifascista del lugo forma il gruppo “Polli”. A lui nei giorni successivi si aggregano il sedicenne pesarese Walter Rossi e gli slavi Stanko, Giacomo e Tony fuggiti dai campi di concentramento in Toscana; poi arriva Pietro un maresciallo di marina. Enzo Carboni procura le prime armi (Ciarmatori, p.74). Arrivano altri slavi, il gruppo prende consistenza, si compone di 18 uomini divisi in due squadre: la “San Ginesio” comandata da Gino Lazzari e la “Caccia dei Monti” al comando del sergente maggiore Domenico Biancini (Sirio).
Sul finire del settembre 1943 nella zona viene inivato, dal Pci anconetano, Alberto Galeazzi come coordinatore e comandante militare dei gruppi che si andavano formando. Avenanti ammalato lascia il comando del gruppo a Biancini nel gennaio 1944, la sostituzione però viene ufficializzata il 14 marzo quando il gruppo cambia anche nome in “S. Angelo”.
Il 20 gennaio il gruppo “Polli” attacca la caserma di Montecarotto per impadronirsi delle armi. Nello scontro a fuoco perde la vita un milite mentre due partigiani rimangono feriti. Alcuni partigiani del gruppo partecipano il 2 febbraio all’assalto del treno ad Albacina. Tra gennaio e febbraio il gruppo compie anche altre azioni per recuperare armi ad Arcevia e a Senigallia. Il 19 aprile attaccano il presidio fascista posto a guardia della miniera di Cabernardi. Tutto il presidio si arrende, i locali sono bruciati e 12 militi fascisti fatti prigionieri, uno ferito viene portato all’ospedale di Arcevia, gli altri sono condotti sul monte S. Angelo. Nel pomeriggio dello stesso giorno un gruppo di fascisti armati tenta di liberare i prigionieri dal Sant’Angelo. Dopo una lunga sparatoria, i fascisti si ritirano sconfitti. Il 27 aprile una nuova azione lungo la strada che da Sassoferrato porta ad Arcevia: due militi fascisti a bordo di una moto vengono bloccati e fatti prigionieri, la moto sequestrata.
Ormai i partigiani controllano tutto il territorio intorno ad Arcevia e colgono l’occasione per celebrare, dopo vent’anni, la ricorrenza del 1° maggio. In città tiene un comizio Zingaretti alla presenza di gra parte della popolazione e di alcuni partigiani. Una situazione che non poteva passare inosservata e senza risposta da parte dei fascisti. Subito furono richiesti rinforzi alla SS tedesche e si decide per un avvertimento che lasciasse il segno. Nell’aria circola la voce che presto ci sarebbe stato un rastrellamento tedesco. Il comando partigiano in previsione di questa eventualità impartisce l’ordine al gruppo “S. Angelo” di dividersi in piccoli distaccamenti e di spostarsi in tre diverse località: San Donnino di Genga, Avacelli di Arcevia, Colonnetta di Serra dei Conti. Al rifugio sul monte Sant’Angelo dovevano rimanere solamente pochi partigiani e i prigionieri fascisti. Ma la sera del 3 maggio, il gruppo “Maggini”, proveniente da Ostra, e diretto a S. Donnino, decide di pernottare al rifugio. Imprudenza, errata interpretazione degli ordini, qualcuno parlò anche di tradimento, sta di fatto che in quel luogo che doveva essere evacuato si trovarono quella notte circa 25 partigiani e 15 prigionieri. Il rastrellamento iniziò alle prime ore del nuovo giorno. Solo il gruppo del tenente La Marca riuscì a fuggire. Gli altri, dopo un intenso combattimento caddero tutti e i loro corpi furono bruciati con i lancia fiamme. L’intera famiglia contadina dei Mazzarini, compresa la piccola Palmira di soli sei anni, che avevano dato ospitalità ai partigiani, furono massacrati con i partigiani. Lo stesso giorno altri cinque partigiani furono fucilati sotto le mura di Arcevia con la popolazione costretta ad assistere, e altri 13 vennero catturati nella vicina frazione di Montefortino, seviziati e uccisi.
Dopo l’eccidio la zona di Arcevia continuò a vivere nel terrore poiché tutto il territorio fu sottoposto ad un vero e proprio stato d’assedio, la popolazione fatta uscire a forza dalle case e ogni casa messa a soqquadro alla ricerca di partigiani e di giovani renitenti alla leva.
Il 25 maggio il gruppo “S. Angelo” si ricostituisce in tre distaccamenti: il “Patrignani” al comando di Gino Lazzari con commissario politico Arnaldo Giacchini, il “Maggini” comandanto da Quinto Luna con commissario politico Onelio Ciarmatori (Bibì) e il “S. Angelo” al comando di Domenico Biancini con commissario politico Mario Marinelli. I gruppi così organizzati, continuavano a fare azioni di recupero di armi, a far saltare ponti e a minare strade per rendere difficile la ritirata dei tedeschi. Nella notte fra il 13 e il 14 luglio il “Patrignani” e il Gap di San Mariano, occupò Arcevia, bloccandone tute le strade di accesso. I partigiani prelevarono dalle loro case 13 persone accusate di spionaggio a favore dei tedeschi e in località Madonna dei Monti li uccisero.
La città fu liberata il 5 agosto 1944. Per tutto il sangue versato e le sofferenze patite, al comune di Arcevia fu data la medaglia di bronzo al valor militare.
Molti partigiani arceviesi si arruolarono nel Cil, dove all’interno della brigata Maiella si costituì il plotone “S. Angelo”, che prese parte alla liberazione di Pesaro e di Castel San Pietro (Bologna).
Frammento di intervista a Wilfredo Caimmi, tratta da ARCHIVI DELLA RESISTENZA. Partigiano combattente, nome di battaglia Rolando, distaccamento Sant’Angelo.
Bibliografia
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