Braccano
Nel territorio di Esanatoglia e Matelica operavano tre gruppi partigiani: il gruppo “Roti”, il gruppo “San Fortunato” e il gruppo “Eremita”. Nel corso dei mesi arrivarono a controllare militarmente tutta la parte occidentale del monte San Vicino e svolsero anche molte azioni di disturbo contro tedeschi e fascisti, la cui reazione non si fece attendere.
Nella primavera del ’44 fu programmata una massiccia operazione di rastrellamento, proprio con l’intento di stanare i partigiani nascosti sul San Vicino. La manovra comprendeva l’accerchiamento di Frontale, Elcito, Valdiola, Roti e Braccano, quest’ultima ritenuta sede del comando partigiano. All’alba del 24 marzo le forze nazifasciste che contavano sui 2.000 uomini, tra SS tedesche e italiane, alpini della divisione tedesca “Brandenburg”, militi del battaglione M “IX Settembre” e forze della GNR provinciale, si diressero, divise in colonne e per strade diverse, verso la zona prescelta. La prima località ad essere occupata fu la frazione di Braccano. Da lì, molti reparti tedeschi si dirigeranno alla volta di Roti, dove i partigiani del gruppo “Mario”, coadiuvati dai gruppi “Porcarella” e “Cingoli”, difenderanno la zona e contrattaccheranno. Verso le 13 i tedeschi occuperanno Valdiola.
Braccano fu circondata rapidamente dalle forze terrestri e su di essa sorvolavano anche degli aerei tedeschi pronti a comunicare eventuali movimenti sospetti. Quel giorno era presente nella località un esiguo gruppo di partigiani perché tutti gli altri si erano recati nella zona di Poggio San Vicino, dove gli aerei alleati dovevano paracadutare armi e munizioni. La prima vittima tra i partigiani fu il somalo Mohamed Raghè che si trovava di guardia nella località di Vallepiana, oltre Braccano. Quando si accorse che stavano arrivando i nazifascisti, tentò di nascondersi in un bosco ma venne avvistato e crivellato dai colpi delle mitragliatrici piazzate sulle colline circostanti.
Terrorizzati dagli spari, gli abitanti di Braccano scapparono verso Vinano. Con loro c’era anche il parroco don Enrico Pocognoni, attivissimo membro della Resistenza nella zona. Nel mentre che aiutava un suo parrocchiano a mettersi in salvo, fu catturato dai fascisti. Preso a pugni e a calci, fu riportato a Braccano. Gli fu ordinato di togliersi le scarpe e di camminare scalzo, cantando “Giovinezza, giovinezza”. Alla fine, spinto giù per un campo vicino alla scuola fu ucciso da due fascisti con alcune raffiche di mitra. Durante il rastrellamento furono catturati anche tre giovani partigiani: Temistocle Sabbatini, Ivano Marinucci e il somalo Thur Nur. Anch’essi furono picchiati e insultati. Poi, condotti nel campo dove era stato ucciso poco prima don Pocognoni, vennero uccisi anche loro.
Intanto i nazifascisti che non avevano proseguito per Roti, perquisirono le case, portando via tutto quello che poteva fargli comodo, e raggrupparono tutti gli uomini, lasciandoli in attesa. Nel pomeriggio, furono scortati nei pressi di un campo di proprietà dei fratelli Bernardini e lì, uno di loro, Demade Lucernoni, venne ucciso dopo esser stato costretto a scavare la propria fossa. Uno ad uno vennero poi interrogati perché rivelassero informazioni sui partigiani. Infine, verso sera, furono rilasciati e rimandati alle loro case.
Bibliografia
Comune di Matelica (a cura di), La Resistenza a Matelica e i fatti di Braccano 1943-1944, stampa, Matelica 1984.
Comitato di Braccano (a cura di), La Resistenza in Braccano di Matelica : 8 settembre 1943-24 marzo 1944, stampa, San Severino Marche 1968.
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive, Ancona 2008.
G. Mari, Guerriglia sull’Appennino. La Resistenza nelle Marche, Argalìa Editore, Urbino 1965.
S. M. Enrico Mattei, L’eccidio di Braccano ed altri fatti della Resistenza nel territorio di Matelica e di Esanatoglia (ricerca didattica), Matelica 1995.