Ca’ Mazzasette
Dopo la costituzione ad Urbino del partito fascista repubblicano, il 17 ottobre, la situazione che fino a quel momento era stata relativamente tranquilla, precipitò improvvisamente. Il 1° novembre, una spedizione tedesca si diresse a Ca’ Mazzasette, frazione di Urbino, per arrestare Erivo Ferri, calzolaio, comunista, punto di riferimento dell’antifascismo nella media valle del Foglia. Un reparto di polizia militare tedesca partì da Rimini, dopo aver ricevuto notizie da un informatore, un milite forestale che prestava servizio ad Urbino, certo Eugenio Caroti, il quale era alle dipendenze del comando germanico. Nell’informativa si diceva che Erivo Ferri era un comunista pericoloso e deteneva armi (Giacomini 2008, p. 87). Quando il comando arrivò sul posto Ferri si difese strenuamente, lanciando anche bombe a mano, e riuscì a scappare. I tedeschi ingaggiarono una vera e propria battaglia con uso di bombe da mortaio e chiesero rinforzi da Pesaro. Dopo aver perquisito e saccheggiato le abitazioni, portarono con loro 29 abitanti della frazione, tra cui il figlio di Erivo, lasciando le case danneggiate, il terreno disseminato di bombe inesplose, due donne e un contadino uccisi (Giacomini 2008, p. 87). Trovò la morte anche un soldato tedesco.
Il podestà di Urbino, Paci, sostenuto nella sua azione dal Comitato esecutivo dei cittadini urbinati, in cui erano presenti tutte le principali correnti politiche cittadine, si adoperò per ottenere la liberazione degli ostaggi; “e questo fu forse il principale risultato della linea di conciliazione e unità civica che a Urbino ebbe straordinaria durata prolungandosi fino ai primi di gennaio” (Giacomini 2008, p. 88). A metà novembre furono rilasciati quindici ostaggi e altri dieci una settimana dopo. Gli ultimi quattro riuscirono a fuggire il 28 dicembre, in occasione del bombardamento di Rimini.
L’8 novembre si tenne una riunione nei pressi di Ca’ Mazzasette con Ottavio Ricci, comandante provinciale della Guardia Nazionale partigiana, lo stesso Ferri, Adler Annibali e altri, in cui venne deciso il trasferimento di Ferri nella zona di Cagli e Cantiano, per maggiore sicurezza sua e della popolazione e di trasferire la lotta in montagna. Fu costituito un comitato di supporto alle famiglie dei partigiani che andavano in montagna, affidato a Adler Annibali.
Il 16 dicembre un reparto tedesco si era trasferito ad Urbino ed era in corso il trasferimento degli uffici provinciali, sia per sfollare la costa, poco sicura, sia perché Urbino non era sottoposta a bombardamenti. Il 5 gennaio 1944 si sciolse il comitato dei cittadini urbinati e il podestà diede le dimissioni, sostituito dal massimo esponente del rinato fascismo locale, Antonio Aiuti. Il clima della città stava diventando sempre più teso.
L’arrivo a Cantiano di Ferri, l’11 novembre, segna in qualche modo l’inizio della Resistenza attiva nel Pesarese. I partigiani crebbero di numero e già nel mese successivo si costituirono due distaccamenti, il Picelli, comandato da Ferri che aveva assunto il nome di battaglia di Francesco, che rimase nella zona di Cantiano e il Gramsci, comandato da Pierino Raffaelli (Ugo), che si spostò nella zona di Frontone (Giacomini 2008, p. 88-89).
Bibliografia
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive 2008.
A. Adler, La brigata Schieti e la Resistenza nel Montefeltro, Urbino 1996.