Cingoli
Il territorio di Cingoli si trova al margine settentrionale della provincia di Macerata, una zona di cerniera fra il monte e la pianura, a ridosso della provincia di Ancona. Dopo l’8 settembre la zona di Cingoli divenne un luogo di rifugio per i partigiani, la sua posizione faceva sì che fosse un importante crocevia per le comunicazioni interne, pur rimanendo riparata e marginale rispetto alle grandi direttrici che collegano la regione Marche al Nord, al Sud e a Roma. Le zone boschive divennero luoghi di ricovero temporaneo e di stazionamento dei partigiani; il piccolo centro abitato di Panicali, che fu sede del CLN si trovava sulle pendici del versante ovest del monte Nero. A soli 20 km da Cingoli si erge il monte San Vicino che fu un punto nevralgico della Resistenza marchigiana e molto spesso sede operativa delle bande con sede a Cingoli. Nell’ottobre del ’43 si erano già costituiti dei gruppi partigiani a Montenero, a Piandiricotta, a Castelsant’Angelo, tutti in stretto contatto tra loro e sotto lo stesso comando. Durante l’inverno l’attività partigiana fu assai rallentata, ma nella primavera del ’44 giunsero da Osimo un gruppo di partigiani diretti dal comandante Paolo Orlandini (Paolo), che andarono ad ingrossare le fila dei gruppi già esistenti. Nel ’44, erano presenti nella zona, che si estendeva fino a San Severino, i gruppi partigiani Cingoli, Ferro e Primo, che furono impegnati in prima linea nei sanguinosi combattimenti avvenuti contro i nazifascisti e che culminarono nel rastrellamento del 24 marzo nel quale persero la vita 17 partigiani.
Dopo questi avvenimenti le formazioni partigiane si sciolsero per poi ricostituirsi in più distaccamenti compresi nel più grande gruppo Cingoli, al cui comando il CLN pose il tenente Leone Terragni (Nino). Il 10 aprile il distaccamento Nino si scontrò alle Grottacce di Cingoli con una colonna di tedeschi e fascisti che si dirigeva verso le case per rastrellare e catturare i giovani in età di leva che non si erano presentati all’arruolamento. Nello scontro furono feriti e uccisi alcuni tedeschi e fascisti. Il 25 aprile iniziò un ampio rastrellamento a tappeto con lo scopo di eliminare la presenza partigiana nella zona di Cingoli. I tedeschi occuparono la città, e i partigiani colti di sorpresa non riuscirono ad impedirne l’ingresso; furono uccisi numerosi civili, tra cui molti contadini e bruciate diverse case, anche parecchi partigiani persero la vita. Numerosi furono anche i prigionieri che vennero inviati al campo di concentramento di Sforzacosta. Nel mese di giugno numerose azioni partigiane danneggiarono seriamente le forze nazifasciste, le quali non fecero attendere la loro offensiva. All’alba del 24 giugno 1944 una colonna di tedeschi costituita da un migliaio di soldati occupò la città. Tutti gli uomini dai 16 ai 64 anni furono radunati nella piazza del paese e nelle case rimasero donne e bambini; i tedeschi fecero perquisizioni per requisire bestiame e generi alimentari. Gli uomini furono tutti rinchiusi nel municipio e trattenuti per quattro giorni.
Alla fine di giugno gli alleati si stavano avvicinando e i partigiani della zona svolsero un ruolo importante nel controllo delle principali vie di comunicazione. Alcune formazioni furono spostate: il gruppo Alvaro da Poggio San Vicino fu spostato a Osimo, il gruppo Ferro andò a controllare la strada Loreto – Osimo Stazione e durante lo spostamento, attaccato dai tedeschi trovò riparo ad Apiro e si unì al locale distaccamento. Il gruppo Cingoli rimase sul posto. Il 13 luglio 1944 Cingoli venne liberata, senza l’apporto diretto dei partigiani, dal CIL (Corpo italiano di liberazione) e dalla Brigata Maiella.
Bibliografia
G. Campanelli, Antifascismo e Resistenza a Cingoli, Nuove Ricerche, Ancona 1982.
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive, Ancona 2008. P. Appignanesi e D. Bacelli (a cura di), La liberazione di Cingoli 13 luglio 1944 e altre pagine di storia cingolana, Anpi di Macerata – Amministrazione provinciale di Macerata – Comune di Cingoli, Cingoli 1986.