Fabriano

Alla notizia della caduta di Mussolini, il 25 luglio del 1943, la piazza del Comune si riempì di gente. Il comandante del GAP, Alfredo Santinelli provò ad abbattere il fascio littorio, allora un gruppo di uomini, con in testa Alvesio Calpista buttò giù la porta della sezione del partito fascista e finì a frantumare il simbolo del fascismo. Al campo d’internamento presso il Collegio Gentile furono liberati molti perseguitati politici, tra cui il socialista Oreste Bonomelli, redattore insieme a Engels Profili, Federico Gentilucci e Giovan Battista Mei di La Riscossa, giornale clandestino che iniziò le pubblicazioni nell’ottobre del 1943 fino a luglio del 1944.

Dopo l’8 settembre i soldati sbandati, gli antifascisti, gli ex prigionieri del campo, presero la strada della montagna per costituire le bande. Fra il dicembre 1943 e gennaio 1944, si costituì la V Brigata Garibaldi Ancona, formata dalle bande e dai Gap della provincia; anche il Gap di Alfredo Santinelli venne inquadrato all’interno della Brigata. Le prime bande si erano formate nella zona di Genga, Poggio San Romualdo, Nebbiano, Barucce, San Donato e Collamato. I distaccamenti erano il Lupo, il Tana, il Tigre, i Lupi di Serra, il gruppo Piero, il Profili, i Cacciatori della Foria, il gruppo di Valdolmo e operarono prevalentemente azioni di sabotaggio e di disturbo su strade e ponti, attacchi alle caserme e alle linee e alle stazioni ferroviarie, tra cui la nota azione di attacco a un convoglio tedesco ad Albacina.

L’offensiva tedesca contro i partigiani fu particolarmente intensa in questa zona, mediante capillari rastrellamenti. Per i tedeschi era una zona importante perché vi passava la statale 76 che congiungeva l’Adriatica con la Flaminia. Inoltre era percorsa dalla ferrovia Ancona-Roma indispensabile per collegare la capitale all’Adriatico.

Il 22 aprile 1944 moriva Engles Profili, figura di spicco della Resistenza nel fabrianese. Era stato arrestato il 16 a Serraloggia e successivamente interrogato e torturato. Non essendo riusciti a farlo parlare i fascisti lo fucilarono e poi gettarono il corpo in una scarpata sulla strada nazionale 76 nei pressi di Cancelli di Fabriano.
Il 2 maggio furono uccisi sul muro di cinta del cimitero di Fabriano, Elvio Pigliapoco e Ivan Silvestrini, partigiani del gruppo Lupo.
In giugno il gruppo Maggini con la collaborazione del Patrignani e dei Lupi di Serra occupò Genga scontrandosi con i tedeschi, vennero interrotte le linee telefoniche e telegrafiche; venne inoltre interrotta dai Lupi di Serra la ferrovia per Matelica nei pressi di Cerreto d’Esi. Il 9 giugno a Vallina di Fabriano il gruppo Tigre subì un pesante attacco dei tedeschi e rimasero uccisi cinque partigiani.

Il 19 giugno alle 6 di mattina una colonna di tedeschi giunse a Marischio, una frazione di Fabriano, dopo aver circondato il paese. Volevano la consegna dei responsabili di un attacco contro di loro sulla strada di Arcevia. Si diressero verso la casa parrocchiale abitata da Don Davide Berrettini, da sua madre e da alcune famiglie di sfollati fabrianesi. Il giovane sacerdote riuscì a scappare verso Serradica e Gualdo Tadino. I nazisti, interpretando la fuga come un’assunzione di responsabilità, arrestarono 19 persone e dissero che avrebbero ucciso 10 persone se Don Berrettini non si fosse presentato entro le 20. il giovane prete ritornò in paese alle 15,30 e nonostante le sue dichiarazioni di innocenza, fu giudicato colpevole e condannato a morte. Alle 22 del 19 giugno venne condotto a circa duecento metri dal paese e gli venne ordinato di scavarsi la fossa. Venne fucilato alle spalle con le braccia in croce (Pasquini, Re 2007, pp. 152-153).

Il 22 giugno a Vallunga, sulla strada di Nebbiano, vi fu una rappresaglia tedesca nei confronti della popolazione. In quei giorni tedeschi in ritirata si spargevano nelle campagne e facevano razzie di tutto ciò che trovavano. Due razziatori furono attaccati dai partigiani, ma uno riuscì a scappare e i tedeschi effettuarono una rappresaglia nella campagna fabrianese, massacrando donne, uomini e bambini che incontravano nelle case e nei campi e sterminando intere famiglie. A Vallunga catturarono gli uomini della numerosa famiglia Baldini, sei persone e altri due contadini che erano a lavorare con loro. Li spinsero nella loggia della casa colonica e li massacrarono con mitragliatrici e bombe a mano. Poi andarono nella stalla e fecero strage di tutti gli animali. Due della famiglia Baldini, rimasti feriti tra i cadaveri, riuscirono a scappare e furono portati in salvo dai partigiani di Nebbiano. Alla fine nella campagna fabrianese, in seguito al rastrellamento attuato nelle tre direzioni di Moscano, Rocchetta e Nebbiano, si contarono quel giorno 43 morti (Giacomini 2008, p. 303; Paquini, Re 2007, pp. 147-148-149).

L’11 gennaio del ’44 Fabriano venne bombardata, subendo ingenti danni e vi furono circa sessanta morti. Fino ad allora c’era stato un mitragliamento inglese il 22 novembre che però non aveva causato morti. Nei giorni 11, 13, 19 e 27 marzo la città fu colpita da ripetuti bombardamenti, alcuni dei quali nel centro storico.

Nella notte tra il 12 e il 13 luglio 1944, i tedeschi abbandonarono Fabriano e la zona di difesa che andava da Fossato di Vico fino ad Albacina. «Pochi fabrianesi, assistettero opportunamente nascosti, alla partenza dei tedeschi. Furono essi che unitamente ai membri del Cln e ai gruppi partigiani presenti in città, occuparono subito la piazza del Comune» (Otello Biondi in Baldoni, 2002, p. 58). Verso le 10 giunsero le prime autoblindo dell’ VIII Armata. Fabriano era libera, anche se parte del territorio del comune era ancora terreno di scontri e rappresaglie da parte dei tedeschi in ritirata. Vi fu anche un episodio di giustizia sommaria, allorché fu ucciso il 14 luglio 1944 il parroco di Bastia, Ermenegildo Vian, accusato di aver favorito i tedeschi in occasione dell’imboscata di Vallina, che aveva decimato il gruppo Tigre. (Giacomini, 2008, p. 326-327)

Campo d’internamento al Collegio Gentile

A Fabriano venne allestito nell’ottobre del 1940 un campo di concentramento maschile in una parte del Collegio Gentile, di proprietà della chiesa. In precedenza i locali erano già stati utilizzati come caserma e una parte dello stabile continuò a essere usata come convitto. L’edificio fu adattato per ospitare circa cento persone, all’inizio vi furono confinati internati ritenuti “pericolosi”, successivamente, nel maggio del 1942, furono inviati al campo dei prigionieri jugoslavi.

Le condizioni di vita degli internati erano pessime, peggiori rispetto a quelle dei campi maceratesi: mancavano un impianto di riscaldamento, le docce, l’infermeria; oltretutto data la pericolosità dei prigionieri, vi era una sorveglianza speciale tanto che gli internati non potevano uscire ed era concesso loro solo di prendere aria nel piccolo cortile interno. La situazione igienico sanitaria era assai precaria e furono disposte vaccinazioni antitifiche e antivaiolose.

Nell’estate del ’42, il Ministero concesse ad alcuni internati di lavorare all’esterno del campo, per il ripristino e la manutenzione sia stradale che edile nella zona di Castelbellino.
Il 15 settembre del 1943, dopo la liberazione dei 57 internati ancora presenti, il campo venne chiuso. Durante il periodo della RSI il campo venne riaperto per l’internamento di renitenti alla leva, partigiani, lavoratori coatti e per gli internati che venivano nuovamente catturati nella provincia di Ancona.

Bibliografia
T. Baldoni, La Resistenza nel fabrianese. Vicende e protagonisti, Il lavoro editoriale, Ancona 2002.
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive 2008.
L. Pasquini, N. Re (a c. di), I luoghi della memoria. Itinerari della Resistenza marchigiana. Il lavoro editoriale, Ancona 2007.